10/1999, Laura Putti, La Repubblica
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PARIGI - Una volta, parlando del lavoro di Heiner Goebbels, il grande commediografo tedesco Heiner Mueller disse che "proponeva un approccio non turistico al paesaggio del testo”. Per più di quindici anni Mueller è stato il modello letterario di Goebbels; Hanns Eisler è stato invece il suo esempio musicale. Eisler (1898-1962) era uno dei tre compositori di Brecht (l”altro”, rispetto a Weill, ma un po’ più celebre di Dessau), un uomo immerso nel suo tempo, un comunista e, negli anni 30, un esule. Allievo di Schoenberg (dotato come Berg e Webern, ma che aveva sviato, diceva il maestro), Eisler è l’autore dell’inno nazionale della Germania dell’Est abolito nell’89 con la fine della RDT. Un personaggio intricato e controverso, ma, già ai suoi tempi, rivolto al futuro. Non stupisce che Heiner Goebbels, una carriera iniziata come musicista e proseguita indagando sulla teatralità della musica, abbia fatto su Eisler la sua tesi di laurea in sociologia dell’arte. E oggi anche uno spettacolo. Presentato in due serate di tutto esaurito al teatro dell’Odeon di Parigi (nell’ambito del "Festival d’Automne”) "Eislermaterial” è un piccolo gioiello, uno splendido lavoro artigianale senza effetti speciali. Sedici musicisti dell’Ensemble Modern di Francoforte sono disposti a U, seduti sui lati del palco. La scena è disseminata di piccole pietre, di pile di spartiti dalla copertina rossa, e al centro, su una pila più alta, c’è una statuina che, illuminata dal basso, proietterà una sagoma enorme alle spalle dell’Ensemble. La statutina raffigura Eisler nell’atto di dirigere un coro e la proiezione sarà l’unica trovata scenografica di uno spettacolo essenziale, come spesso sono quelli di Goebbels. Il resto è musica, tutta la musica possibile, dal free jazz (con formazioni bizzarre come un quartetto con due pianoforti, sax e basso) alla classica, con impennate atonali e improvvise delicate melodie per archi. La musica di Eisler è smontata poi rimontata senza sforzo, tanto l’universo di Goebbels le somiglia. C’è un attore (Josef Bierbichler) che canta seduto nella fila centrale, in mezzo ai musicisti. Canta Brecht, canta il celebre "Vier Wiegenlieder f”ur Arbeitm”utter” ("Quattro ninnananne per madri lavoratrici”: tu, figlio, e io e tutti i nostri simili dobbiamo stare uniti e fare in modo che non ci siano più due tipi d’uomo sulla terra”). Proteso verso il suo leggio, declama brechtianamente, senza partecipare all’emozione delle parole. A un certo punto canta anche l’orchestra: interrompe una musica totalmente dissonante e intona quasi sottovoce "Festlied der Kinder”, un inno per bambini ("Il fascino non basta, il lavoro è necessario, non basta la passione, ci vuole la ragione...”). Quando la musica tace è Eisler che parla, in un collage di frasi reperite da interviste radiofoniche (con sottotitoli in francese). Goebbels le ha scelte divertenti: come quando il maestro dice che non vede l’ora che quel direttore d’orchestra sudaticcio venga sostituito con una moderna macchina per fare musica; le ha scelte profonde: come la dichiarazione d’amore per l”artiginalità” di Beethoven. E alla fine viene voglia di andarsi a leggere libri e a comprare dischi per saperne di più su un musicista da noi così poco frequentato. Heiner Goebbels d’altronde ci ha sempre svelato mondi, ci ha parlato con musiche originalissime (da quelle della sua Sogennanten Linksradikalen Blasorchester, la Cosiddetta Fanfara di Estrema Sinistra, dal ’76 all’81, al trio art-rock Cassiber dall’82 al ’92) e con parole di grandi scrittori. Brecht, M”uller, ma anche Conrad, il cui "Diario del Congo”, unito ai suoni dell’Africa, troveremo in uno dei suoi lavori più riusciti (tutti pubblicati dalla ECM): "Ou bien le débarquement désastreux”. Che sbarcherà in Italia il 4 novembre a Roma nella stagione della Filarmonica, mentre il 18 dicembre al Comunale di Modena arriverà "Die Wiederholung”, "La ripetizione”, con citazioni da Kirkegaard, Robbe-Grillet e Prince. LAURA PUTTI

on: Eislermaterial (Music Theatre)